Il tempo gli dette ragione tant’è che delle 8 distillerie in funzione nella provincia di Pordenone ai suoi tempi ora ne rimane solo una ancora in attività, la Pagura, e questa sua longevità è anche certamente dovuta all’impronta che Domenico seppe dare all’attività di famiglia.

L’etichetta ad esempio non cambiò, e tantomeno il modo di fare la grappa e queste furono scelte destinate a pesare nel futuro aziendale.
Domenico negli anni del grande boom industriale ebbe la felice intuizione di non trasformare un’attività di stampo artigianale in quello di una vera e propria industria.
In quegli anni era facile pensare in grande e molte delle aziende locali assunsero le dimensioni di piccole industrie con alambicchi continui in grado di distillare grandi quantitativi di vinaccia.
Domenico, forse spinto dalla sua storia e degli anni difficili della sua infanzia, era un uomo prudente e non volle fare quel salto di livello che per molti in quegli anni appariva come un fatto scontato. Affidò a due esperti artigiani battirame di Conegliano, Zanbenedetti e Nogarol, il compito di ammodernare l’impianto, mantenendo però la “filosofia” dell’alambicco discontinuo. Si limitò infatti a trasformare le caldaie di estrazione passando dall’impiego del fuoco diretto al fuoco indiretto e sostituì la colonna di distillazione adottando quella brevettata dai due artigiani. L’alambicco così realizzato nei primi anni 60 è quello ancora attualmente in funzione.

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