Come se la perdita del marito non fosse un dolore bastante il destino regalò a Giovanna, come alle tante donne e uomini coraggiosi del tempo, la gioia di una guerra preannunciata come gloriosa e vittoriosa.
Sappiamo invece come si concluse e quante disgrazie e lutti provocò in particolare a chi, come Domenico, era di leva proprio in quegli anni.
La scelta di Giovanna fu quello di nascondere il figlio fingendolo scomparso. Subì in silenzio la requisizione di grappa da parte degli occupanti tedeschi venuti a cercarlo e pareva proprio che lo stratagemma dovesse funzionare ma come sempre il fato può riservare delle brutte sorprese.
Partiti i Tedeschi infatti arrivarono i partigiani. Entrarono nel cortile armati di tutto punto. Cercavano Domenico, volevano passarlo per le armi in quanto lo ritenevano un imboscato.

Cercarono ovunque e alla fine lo scovarono e lo trascinarono nel cortile. Disperata Giovannina mandò a chiamare il prete. Gli sembrò che Dio fosse l’unica persona a cui poteva appellarsi in quel tragico momento. Il Cappellano arrivò di corsa ma a nulla sembravano valere le preghiere disperate di una madre terrorizzata e impotente, a nulla sembravano valere neppure le preghiere del cappellano. Anche in quel frangente, fu proprio lei, “la grappa” la grande protagonista che riuscì a evitare una triste fine a Domenico.

Tutto si risolse infatti all’italiana, con il sequestro della grappa, che davvero in quell’occasione si meritò l’appellativo di “Acquavitae”.
La ripartenza però dopo quel sequestro fu davvero un’impresa epica per Giovannina, e il giovane Domenico, senza soldi, senza grappa da vendere e ironia della sorte con le tasse da pagare per della grappa che gli era stata sequestrata.
A quei tempi non si pagavano le imposte per la grappa che vendevi ma per la grappa che producevi (una tassa giornaliera per i giorni di attività della distilleria).
La grappa era stata prodotta e le tasse andavano pagate. Lo stato cieco e ottuso non sentì ragioni. Per rimettere in moto l’azienda ci volevano soldi e per poterli prestare la banca chiedeva garanzie che la Giovannina non poteva dare.
Ma lei era una donna tutta d’un pezzo capace ancora di riscuotere la fiducia di tutti. Alla fine trovò dei compaesani benestanti che si prestarono a mettere la propria firma su quelle cambiali e, pian pianino, la macchina poté rimettersi in movimento.
A lei guardiamo con profondo senso di gratitudine perché seppe farsi custode di quella che ancora oggi è la nostra preziosa attività.
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